Vov, il liquore della nonna

Amanti dei liquori cremosi di una volta, ho una ricetta antica che fa per voi! Chi è stato giovane ancora negli anni Ottanta non può che ricordare con nostalgia il Vov, il più famoso tra i liquori a base di zabaione da bere in piccole dosi, a temperatura ambiente, caldo o addirittura refrigerato, per ristorare e ridare forze!

Vov è il nome commerciale della ricetta inventata a Padova nel 1845 dal pasticcere Gian Battista Pezziol, lo so, ma i liquori a base di tuorli d’uova e alcol erano comuni in tante zone d’Italia e non. A casa di mia nonna Idima non mancava mai e una bottiglia di “Iovo” artigianale era uno dei tradizionali regali di Natale che generi e cognati potevano ricevere in dono.

Io ADORO il Vov per tanti motivi, e non solo per questi ricordi.

Lo amo per quel suo colore solare, capace di dissipare le nebbie padane e di sciogliere la galaverna invernale. Per quel gusto così caratteristico, che sa di cose di una volta, buone e genuine. E certamente per il fatto di essere una ricetta di recupero, inventata in tempi in cui non sprecare nulla era un imperativo!

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Che cos’è il Vov

Vov è il nome commerciale del liquore a base di tuorlo d’uovo inventato da Gian Battista Pezziol alla metà dell’Ottocento. Il nome deriva dal dialettale padovano “vovi” che significa proprio uova.

Per estensione il nome Vov è comunemente usato per indicare le versioni casalinghe di questo zabaione liquoroso e anche i prodotti a base di tuorlo e alcol venduti dalla concorrenza.

Il Vov, la storia di una ricetta di recupero

Uno degli aspetti che mi fanno prediligere il Vov rispetto ad altri liquori d’antan sta nel fatto che nasce da un’idea semplice e genuina per utilizzare i tuorli in esubero.

Pezziol era un produttore di torrone e per fare il torrone servono solo gli albumi. Le uova, si sa, sono un prodotto delicato e di difficilissima conservazione. Che fare? Pezziol ha l’intuizione di aggiungere zucchero e marsala e ottiene un liquore a 17° di gradazione.

Pezziol inizia a venderlo e di lì a poco il suo vovi diventa il liquore più famoso di tutto il Veneto e viene commercializzato anche fuori regione col nome di Vov.

Nel 1856 gli arciduchi d’Austria conferiscono al Vov il brevetto regale e Pezziol può usare l’immagine dell’aquila imperiale a due teste sull’etichetta della bottiglia e nei manifesti pubblicitari.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, il Vov viene confezionato con cartone pressato e vetrificato internamente e spedito alle truppe al fronte come Vino Alimento Vigoroso – VAV2.

Negli anni Sessanta e Settanta conquista definitivamente il mercato italiano. Sono gli anni in cui sul mercato c’è anche il ferrarese Zabov, il liquore a base di zabaione e brandy, sponsor di diverse edizioni del Giro d’Italia, del Cantagiro e del Festivalbar.

Gli anni Ottanta sono gli anni dei gadget. Non c’è vetrinetta della nonna in cui non facciano bella mostra bicchierini, bottigliette mignon e altri piccoli oggetti venduti singolarmente o in abbinamento alla bottiglia di Vov per fidelizzare la clientela.

Negli anni Novanta il Vov sfonda all’estero, ma paradossalmente inizia il declino in Italia, tranne che nei bar delle stazioni sciistiche e nelle baite di montagna, dove è l’ingrediente fondamentale per la preparazione del mitico bombardino!

Che dire ancora? Ah già… Le origini del Vov sono al centro di una simpatica disputa!

Nel 1854 Teofilo Barla, “confetturiere, alchimista e cuciniere della Real Casa Savoia” (niente meno) caduto in disgrazia, pubblica a proprie spese il suo libro di ricette diviso in tre volumi.

Nel secondo volume compare la ricetta n° 127 “L’ordinario elixir d’Ovo di gallina” in cui Barla si attribuisce l’invenzione di un elisir a base di zabaione, elaborato dietro precisa richiesta del re. Sostiene di aver chiamato questo elisir OV e che la ricetta gli fu sottratta nel 1845 da… Firmino Pezziol, figlio di tal Giambattista, pasticcere a Padova, nel regno Lombardo-Veneto!

Con grandi lamentazioni, Barla accusa Firmino di aver passato la ricetta al padre, che ribattezzò l’elisir Vov e lo presentò alla Corte d’Austria, da cui ottenne l’Imperiale Brevetto di Commercio.

Non so che dire… Povero Barla!

Vov, la ricetta della nonna

Grazie a mia mamma che la conserva, ho recuperato la ricetta del liquore ai tuorli di nonna Idima, classe 1922, che a sua volta ereditò da sua madre Clementa, classe 1899. Insomma una ricetta davvero antica!

Vi ho già detto che in casa nostra si chiamava IOVO e anche in questo caso si tratta dell’italianizzazione di una parola dialettale (agl’i ov, le uova in bolognese).

Mi sono messa all’opera e vi assicuro che la preparazione del Vov in casa dà grandi soddisfazioni. L’importante è avere a disposizione delle ottime uova genuine e fresche di galline ovaiole, meglio ancora se adottate in un pollaio sociale o addirittura provenienti dal nostro pollaio domestico.

Ingredienti e quantità per 1,5 litri

  • 5 tuorli d’uovo
  • 400 g di zucchero semolato
  • 500 g latte fresco intero
  • 300 g Marsala secco (non all’uovo)
  • 200 g di alcol a 95° per liquori
  • 1 stecca di vaniglia

Fa bollire il latte con la stecca di vaniglia per 5 min., poi spegni e aggiungi 200 g di zucchero e lascia raffreddare.

Quando il latte è freddo, monta i tuorli d’uovo con i restanti 200 g di zucchero. Aggiungi il Marsala e l’alcol continuando a montare. Filtra il latte con un colino, poi aggiungilo allo zabaione liquoroso e mescola ancora.

Filtra con una garza da farmacista oppure con colino a maglia sottile. Imbottiglia aiutandoti con un imbuto.

Conserva ben tappato in frigo e filtralo un’altra volta prima di servirlo.

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Il Vov con il Bimby

Chi possiede il Bimby può fare il Vov in modo facile e veloce. Ecco ingredienti e quantità per 1,5 litri di Vov:

  • 5 tuorli d’uovo
  • 300 g di zucchero semolato
  • 400 g latte fresco intero
  • 200 g Marsala secco (non all’uovo)
  • 150 g di alcol a 95° per liquori
  • 1 bustina di vanillina

Per prima cosa inserisci la farfalla e monta i tuorli con lo zucchero 2 min. 37° a vel. 3. Aggiungi il Marsala a filo mentre continui a montare a vel. 3. Aggiungi il latte e la vanillina e cuoci 5 min. 90° vel. 3. Lascia raffreddare nel boccale. Poi aggiungi l’alcol e amalgama 10 sec. vel. 3. Filtra con una garza da farmacista oppure un colino a maglia fine e travasa nelle bottiglie.

Il Vov per ragazzi

Quando ero piccola, il Vov veniva dato anche ai ragazzi e perfino ai bambini in caso di spossatezza, inappetenza, astenia. La ricetta del Vov per ragazzi conteneva meno alcol e più zucchero, per garantire la conservazione del prodotto. Se volete provare, vi lascio gli ingredienti e le dosi. Il procedimento è leggermente diverso.

Ingredienti e quantità per 2,5 litri

  • 1 l. latte fresco intero
  • 6 tuorli d’uovo
  • 600 g di zucchero semolato
  • 100 g di zucchero vanigliato
  • 100 g alcol a 95° per liquori
  • 200 g Marsala secco (non all’uovo)

Metti a bollire il latte per 5 min. Poi spegni, aggiungi lo zucchero semolato, mescola bene finché lo zucchero non si è sciolto e poi lascia raffreddare.

Intanto monta i tuorli con lo zucchero vanigliato con le fuste elettriche oppure in planetaria con il gancio a frusta.

Aggiungi a filo l’alcol, senza mai smettere di montare.

Aggiungi il marsala a filo, senza mai smettere di montare. La sbattuta d’uova dovrebbe a questo punto essere simile a una maionese.

Incorpora il latte freddo alla sbattuta di uova.

Filtra il composto con una garza da farmacista oppure con un colino a maglia fine. Con un imbuto procedi all’imbottigliamento.

Vov come conservarlo

Il Vov va conservato obbligatoriamente in frigo o in luogo fresco e consumato entro tre mesi.

Potete berlo fresco da frigo oppure scaldato in un pentolino a bagnomaria. Non superate i 60°C altrimenti l’uovo contenuto all’interno potrebbe rapprendersi.

Prima di berlo, agitate la bottiglia per amalgamare gli ingredienti, perché il tuorlo d’uovo tende a separarsi dall’alcol e di conseguenza affiora in superficie.

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Ecosostenibilità in cucina

Con la ricetta del Vov fatto in casa partecipo al primo contest 2021 che AIFB – Associazione Italiana Food Blogger ha organizzato in collaborazione con Tapì Group, un’azienda padovana che si occupa di packaging green e responsabile.

La cucina tradizionale italiana è una cucina ecosostenibile, perché, a differenza di quella francese, “nasce dal basso”, dal sapere e dal saper fare delle nostre bisnonne, abituate fin da ragazze a portare in tavola un pasto con quello che la natura offriva e senza sprecare nulla. Utilizzando prodotti semplici, di stagione e a km zero davano vita a ricette genuine, salutari e di costo contenuto, se non irrisorio, come il liquore ai tuorli.

Quelli che di noi sono nati durante o dopo il boom economico hanno vissuto in tempi molto diversi, in cui l’imperativo era il consumo, ma qualcosa sta cambiando: le parole “riduci, riusa, ricicla” sono finalmente tornate di moda.

Il rispetto dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile sono uno degli obiettivi dell’Agenda ONU 2030, il programma d’azione delle Nazioni Unite per la salvaguardia della Terra e dei suoi abitanti. Ma anche “dal basso” si sta facendo largo una nuova coscienza collettiva che investe anche il settore alimentare e che ha come stella polare la riduzione di quello che si produce e si consuma, il riutilizzo degli oggetti e il loro corretto smaltimento quando sono giunti a fine vita.

Cosa significa essere ecosostenibili in cucina? Credo che significhi fare ogni giorno scelte responsabili e rispettose dell’ambiente, del lavoro dell’uomo e del benessere animale.

Informarsi sulla sostenibilità ambientale delle aziende di cui acquistiamo i prodotti è una buona abitudine. L’ecosostenibilità passa anche attraverso un packaging progettato per ridurre al minimo l’impatto ambientale. Le soluzioni sono tante e tutte portano a imballaggi che, nel tempo, riducono il loro impatto sul pianeta.

Anche in questo caso i primi motori del cambiamento siamo noi “consumatori consapevoli”, quando compriamo prodotti di marche che

  • usano per il packaging materie prime riciclate o vegetali,
  • oppure puntano su un processo di produzione ridotto al minimo,
  • o infine puntano sulla riusabilità, estendendo il ciclo di vita dell’imballaggio.

Il Pianeta mantiene traccia del nostro passaggio. Le nostre azioni parlano di noi!

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Tapì Duo Spirits, il tappo green prodotto da Tapì Group

TAPÌ DUO SPIRITS, il tappo green

E un tappo può essere ecosostenibile? Certo che sì!

Per chiudere la mia bottiglia di Vov fatto in casa ho scelto Duo Spirits di Tapì, un’azienda che progetta e realizza chiusure per i segmenti premium e super premium del settore beverage.

Nata nel 1999, nel corso degli anni si è fatta conoscere per originalità, design e attenzione all’estetica, tanto da essere divenuta un gruppo multinazionale con sedi manifatturiere in Italia e in America centrale e meridionale e con sedi commerciali in Europa e negli USA.

Tutte le chiusure di Tapì sono originali, innovative, belle, ad alte prestazioni e al basso impatto ambientale, ma Duo Spirits è davvero il tappo sostenibile che si prende cura dell’ambiente e vi spiego perché:

  • La testa è in legno di faggio e il gambo in materiale sintetico
  • L’unione tra testa e gambo è a incastro e non prevede l’uso di colle
  • I componenti sono scomponibili e riciclabili separatamente.

Il design è elegante e minimal al tempo stesso. Inoltre, è infinitamente personalizzabile.

Sì, ma tappa? Certo che tappa!

Duo Spirits preserva le caratteristiche organolettiche del prodotto imbottigliato, senza intaccarle in alcun modo e, in generale, tutte le chiusure Tapì Group garantiscono elevate prestazioni. 

Chi sceglie Duo Spirits non compra un tappo qualsiasi, ma fa un gesto responsabile e ecosostenibile, senza rinunciare alla usabilità e all’eleganza.

Da Vov a WOW!

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