Nel 2024 ricorrono i cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti (Fratta Polesine, 22/5/1885), deputato socialista italiano che pagò con la vita l’opposizione al fascismo. Matteotti aveva denunciato con forza i brogli e le violenze durante le elezioni politiche del 1924. In un veemente discorso in Parlamento aveva accusato apertamente il governo fascista. La sua popolarità rappresentava, quindi, una minaccia per il regime, proprio nel momento in cui Mussolini stava cercando di consolidare il suo potere. Per questo, il 10 giugno 1924, Matteotti fu rapito da un gruppo di squadristi e assassinato.
Matteotti è ricordato come un simbolo di coraggio e resistenza contro l’oppressione, insieme a Giovanni Amendola e ai tanti martiri del fascismo.
I nomi delle strade di Bologna offrono un intreccio di storie che ricordano quel periodo storico e le sue vittime. Oggi vi propongo un percorso inusuale alla scoperta dell’urbanistica, l’architettura e l’odonomastica del quartiere Porto-Saragozza, nel pieno centro di Bologna che ho avuto modo di scoprire grazie a una visita guidata condotta da Pierluca Nardoni storico dell’arte e curatore, specializzato in Beni storico-artistici all’Università di Bologna.
Il cantiere di Via Roma
Già dagli anni ’20, “il cantiere di via Roma” rappresentò un’importante fase di rinnovamento urbano della città. Il cantiere fu progettato per collegare il centro storico con la stazione ferroviaria e rientrava in un progetto più ampio di modernizzazione e ampliamento del centro urbano, influenzato dalle idee di modernità e funzionalità tipiche del periodo fascista.
L’intervento fu controverso. La realizzazione di via Roma comportò l’esproprio e la demolizione di diversi edifici preesistenti per fare spazio a una strada ampia e diritta, in linea con i principi razionalisti dell’architettura dell’epoca.
Negli anni Trenta (e più in particolare tra il 1932 e il 1936) l’amministrazione fascista portò a compimento la moderna via di collegamento, arricchita sul fronte sinistro da diversi edifici che rispecchiavano il formalismo modernista del tempo.
Partendo dal centro cittadino, cioè da sud, e proseguendo verso la stazione ferroviaria furono edificati:
- il Palazzo del Gas con il famoso fregio plastico a bassorilievo dedicato al ciclo del gas (1935-36, architetti Alberto Legnani e Luciano Petrucci);
- il cosiddetto Palazzo Faccetta Nera con l’originale decorazione a losanghe concentriche (1936, architetto Francesco Santini);
- Palazzo Lancia, prima tappa del nostro itinerario virtuale.
Sul lato destro della via, al civico 67/2, è degna di nota l’ex Casa del Contadino.
Palazzo Lancia

L’itinerario parte da Palazzo Lancia, edificio razionalista che si trova in via Marconi ai civici 28, 30 e 32. Il palazzo fu edificato da un progetto dell’architetto Paolo Graziani nel 1936-37 e doveva essere il fiore all’occhiello del cantiere di via Roma.

Paolo Graziani era una figura importante nell’architettura bolognese di quegli anni. Gli edifici residenziali e pubblici che progettò e realizzò incarnavano i principi architettonici promossi dal regime caratterizzati da linee pulite, simmetria e funzionalità.
Palazzo Lancia riflette lo stile architettonico razionalista dell’epoca e la sua struttura architettonica appare coerente con la visione artistica “monumentale/metafisica” del progettista. Il palazzo è contraddistinto da forme essenziali e geometriche, come cubi, parallelepipedi e piani orizzontali e verticali, in questo caso specifico date dalla torre d’angolo con via Riva di Reno. L’edificio è caratterizzato da una disposizione simmetrica e ordinata degli elementi. I materiali predominanti sono in linea con lo spirito moderno e industriale dell’epoca.
Anche dal punto di vista funzionali l’edificio era stato progettato per rispondere alle esigenze pratiche quotidiane, senza eccessi decorativi.
In origine, il palazzo era la sede bolognese della Lancia, l’azienda automobilistica italiana. Oggi, Palazzo Lancia non è più legato all’industria automobilistica, ma il nome persiste come memoria del suo passato industriale.

La Casa del Contadino

L’8 novembre 1942, nella parte terminale della nuova via Roma, venne inaugurata solennemente la Casa del Contadino, costruita a partire dal 1940 per conto della Corporazione Nazionale Fascista dell’Agricoltura con lo scopo di dare assistenza amministrativa ai lavoratori agricoli della provincia di Bologna.
La struttura era stata progettata per rappresentare il legame tra il regime fascista e l’agricoltura (un settore fondamentale della politica autarchica del tempo) e rispecchiava la politica fascista di valorizzazione del mondo rurale.
La Casa del Contadino nacque quindi per dare una sede a uffici e organizzazioni legate all’agricoltura, come le corporazioni dei contadini. Era anche un luogo di incontro e formazione per coloro che lavoravano la terra.
Anche questo edificio presenta caratteristiche tipiche dello stile razionalista, con linee sobrie e pulite, simmetria e monumentalità, caratteristiche comuni all’architettura pubblica del periodo. Il design razionalista cercava di esprimere l’idea di efficienza e modernità, pur mantenendo una forte valenza simbolica, sottolineando l’importanza dell’agricoltura nell’economia italiana del tempo.
I rilievi nella facciata sono di Farpi Vignoli (1907-1997) e sono dedicati alla celebrazione della vita rurale e all’esaltazione della figura del contadino.

Nei rilievi di sinistra vediamo rappresentate le attività rurali: l’aratura dei campi, la raccolta del grano, la vendemmia, la stipula degli accordi, le attività delle mondine in risaia. Il riposo del contadino sotto la vite e il ristoro con un bicchiere di vino danno realismo alla scena. Così come l’inserimento di elementi sghembi e dai bordi irregolari danno dinamismo e movimento alla scena.

Elementi che conferiscono dinamicità alla rappresentazione appaiono anche nel rilievo alla destra della facciata, dove si vede un cane che spaventa delle oche e una scena di musica e ballo.
Dopo la liberazione, la struttura divenne la sede centrale della Camera del Lavoro (CGIL).
Piazza dei Martiri
L’attuale odonomastica di alcune delle strade che confluiscono in piazza dei Martiri, in particolare via Amendola e via Don Minzoni, ci aiuta a richiamare alla memoria alcuni tra i primi e più noti martiri del fascismo.
Piazza dei Martiri fu creata durante la ricostruzione della città dopo i danni subiti durante la Seconda Guerra Mondiale nel sito in cui pre-esisteva una piazza, prevista fin dal piano regolatore del 1889. Nel corso del Novecento, attorno alla piazza vennero costruiti grandi edifici porticati e, nel mezzo, nel 1934 venne collocata una fontana monumentale.
Dopo l’attentato mortale nel 1901, la piazza fu intitolata a Umberto I, “il re buono”. Durante la Repubblica Sociale la denominazione venne cambiata in piazza del Popolo. La sua denominazione attuale è un omaggio a coloro che persero la vita nella lotta contro il fascismo e l’occupazione nazista. Da essa partono a raggiera varie strade: via Amendola, via dei Mille, via Marconi, via Gramsci, via Cairoli, via don Minzoni.
Guide turistiche Bologna
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- Bologna in tasca. Guida agile della città, Minerva Edizioni
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- Bologna… a piedi. Con audioguida scaricabile online, Taita Press
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