Ma che ne sa, chi non l’ha mai assaggiata, dell’esplosione di sapori, odori e colori di un piatto di coda alla vaccinara? Ormai ho rinunciato a spiegare quanto sia buona e profumata anche perché, il più delle volte, quelli a cui ne parlo mi interrompono appena inizio il discorso:
- Una coda? Di cosa?
- Di bue!
- Ma perché, la coda del bue si mangia?
- Certo, è buonissima!
- Oddio, che schifo! Io non ce la posso fare!
E dire che chi la mangia senza sapere di cosa si tratta, quasi sempre diventa un grande fan di questo classico della cucina tradizionale romana!
Perché si chiama coda alla vaccinara
Nel 1888, sotto la spinta dei cambiamenti nell’assetto urbanistico della città e delle nuove norme igieniche riguardanti gli edifici di mattazione, Roma si dotò di un mattatoio.
A quei tempi la gerarchia dei macellai era ben precisa: i vaccinari stavano alla base della piramide perché a loro era affidata la mansione più umile, quella di scorticare e scuoiare gli animali, dividerli in mezzene e trasportarli a spalla.
A fine lavoro i vaccinari erano ricompensati con il quinto quarto, cioè le parti meno pregiate delle bestie macellate: le frattaglie, parti della testa, coda, lingua e zampe che finivano nelle trattorie della zona o nei tegami delle cucine di casa, povere di ingredienti ma piene di inventiva.
Ecco il perché del nome.
Come si prepara la coda alla vaccinara
Nei mesi invernali mia nonna Norina preparava spesso la coda alla vaccinara. Come ebbe la ricetta non lo so. Forse gliene parlò suo marito – mio nonno Tiziano – al rientro da uno dei suoi viaggi di lavoro. Certo è che era spesso in tavola per almeno due motivi:
- come la trippa, le cervella, il fegato, le animelle e i rognoni, la coda costava poco e comprarla significava preparare un secondo piatto di carne con due lire
- inoltre, finita la carne, restava un sugo abbondantissimo col quale il giorno dopo nonna condiva la pasta.
Partendo dalla ricetta famigliare, mi sono documentata in rete. C’è l’inferno, vi avviso!
Tutte le fonti prevedono la cottura dei rocchi con sedano e pomodoro. Poi c’è chi fa un semplice battuto di carota e cipolla e chi aggiunge il prezzemolo. C’è chi segue Ada Boni – che nel suo La cucina romana (1929) propone di pre-bollire la carne e poi di stufarla – e chi invece rosola i rocchi nel lardo e poi li stufa. Chi aggiunge alla passata di pomodoro i chiodi di garofano e chi l’alloro. Chi aggiunge uvetta, pinoli e cacao amaro e chi la serve liscia.
Sulla quantità di sedano da utilizzare c’è un acceso dibattito: la maggioranza delle fonti che ho letto consiglia lo stesso utilizzare carne e sedano in quantità uguali.
Anche sull’utilizzo di uvetta, pinoli e cacao amaro le fonti si dividono: secondo alcuni si tratta di un’aggiunta successiva, quando il piatto si è diffuso tra le classi benestanti (nobiltà e papato) e c’è stata l’esigenza di arricchire e ingentilire una ricetta troppo forte per i loro palati. Altri invece pensano che l’uso del cacao amaro servisse a inibire lo sviluppo e la moltiplicazione di microrganismi infettivi o patogeni in un’epoca in cui il frigorifero non era ancora stato inventato.
La ricetta della coda alla vaccinara
Vi scrivo la versione di nonna, che mi è stata confermata da un’amica romana. La preparazione non è laboriosa, ma è lunga eterna. Nonna usava il tegame di terracotta e cuoceva la coda per 4 ore. Per accorciare i tempi, io uso la pentola a pressione. Coccio o pentola a pressione, ne vale comunque la pena. La coda alla vaccinara può essere servita come piatto unico, oppure servita insieme ai rigatoni conditi con il suo sugo.
Ingredienti
- 6 pezzi (rocchi) di coda di manzo
- 1 confezione di pomodori pelati
- 50 g di lardo
- 1 bicchiere di vino bianco secco
- sedano di pari peso dei rocchi
- 1 cucchiaio di pinoli
- 1 cucchiaio di uvetta
- 1/2 cucchiaio di cacao amaro
- carota e cipolla tritati
- sale e pepe q.b.
Come fare la coda alla vaccinara nella pentola a pressione
Sciacqua i rocchi e asciugali. Nella pentola a pressione metti a scaldare il lardo (o il burro). Aggiungi il trito di carota e cipolla e fai soffriggere. Inserisci i rocchi e falli rosolare. Sfuma col vino e lascia evaporare. Aggiungi i pomodori pelati e aggiusta di sale e pepe. Chiudi la pentola a pressione e fa cuocere per 1 ora.
Dopo 1 ora apri la pentola e controlla se la coda è coperta di sugo. Se serve, aggiungi un po’ di acqua calda. Poi richiudi e cuoci ancora per 30 min.
Nel frattempo, lava il sedano, togli i filamenti, taglialo a pezzi di 5 cm di lunghezza e uniscilo alla coda. Cuoci per altri 30 min. con la pentola a pressione chiusa.
A questo punto, unisci i pinoli e l’uvetta e continua a cuocere senza il coperchio per 15 min. o comunque finché la carne si staccherà dall’osso. Spegni e spolvera il sugo di cacao amaro.

Vi consiglio di abbondare con la salsa per due motivi:
- la coda deve cuocere ricoperta di sugo, altrimenti si secca e si annerisce.
- Quella che avanza può essere usata per condire i rigatoni. La preparazione è semplice. Tenete da parte uno due pezzi di coda, staccate la carne dall’osso e rimettete la carne nel tegame insieme al sugo. Cuocete la pasta al dente e tiratela in padella con la salsa e un po’ di acqua di cottura. Aggiungete del pecorino romano e il gioco è fatto!