Le fave dei morti sono una ricetta tradizionale di tante regioni italiane preparata in occasione del 2 novembre, il giorno dedicato alla Commemorazione dei Defunti, o più comunemente “ai morti”.
Sono dei dolcetti a base di mandorle pestate, farina, zucchero e chiara d’uovo, con un aspetto rustico e una consistenza croccante come ossa, motivo per cui in alcune zone li chiamano “ossa dei morti“.
Di questa ricetta esistono migliaia di versioni: se fate un giretto online trovate versioni venete, lombarde, laziali, marchigiane, umbre, siciliane. E ovviamente anche emiliano-romagnole! Vedrete che le ricette – casalinghe, artigianali o di pasticceria che siano – sono simili da Nord a Sud.
I fornai di Bologna e della Romagna li preparano soltanto nei primi giorni di novembre in concomitanza con Ognissanti, primo novembre, e i morti, due novembre.
Ma partiamo dall’inizio, e cioè dal loro nome – FAVE DEI MORTI – e scopriamo insieme perché contiene il bizzarro riferimento a un legume che non fa parte della ricetta: le fave.
L’origine delle fave dei morti
Il nome di questi pasticcini proviene dall’antichissima superstizione di associare le fave alla morte e ai defunti. Non si sa bene perché, ma gli antichi egizi non seminavano le fave e non le toccavano. Per Pitagora erano impure.
Alcuni sostengono le macchie nere a forma di T dei fiori della fava incutessero terrore perché la T è l’iniziale della parola greca Thanatos, cioè morte. Inoltre si riteneva che attraverso il gambo di questa pianta, che non ha nodi, le anime dei morti che non avevano trovato pace riuscissero a passare dall’Ade al mondo degli uomini.
Soprattutto le fave nere erano considerate offerte funebri e le si offriva alle Parche, a Plutone, a Proserpina. Nell’antica Roma ai funerali si distribuivano delle fave secche che simboleggiavano le anime dei defunti.
Con il tempo i legumi secchi hanno lasciato il posto ai biscotti, colorati e un pochino più grossi.
Se vogliamo credere alla tradizione emiliano-romagnola, le fave dei morti erano preparate il 1 novembre ed erano lasciate in bella vista sulla tavola imbandita perché i defunti tornati dall’aldilà potessero rifocillarsi.
Il fatto che tra gli ingredienti ci siano i soli albumi mi fa propendere, più realisticamente, per il fatto che questa fosse una delle tante preparazioni “a zero-sprechi”.
Prima di darvi la ricetta, vi avviso: non importa che siate vivi, morti o vampiri. La cosa fondamentale è che abbiate denti buoni. Le fave dei morti sono durissime! Buon Halloween!

La ricetta delle fave dei morti
Nel quaderno di ricette di mia nonna Norina, figlia di una ferrarese e un ravennate, ho trovato la ricetta intitolata “Fave dei morti (romagnole)” e questa precisazione geografica mi ha fatto riflettere su due cose.
La prima è che la ricetta arrivò a mia nonna da sua madre Clementa, che a sua volta probabilmente l’ebbe dalla suocera romagnola. La seconda: l’Idima (o la Clementa, chissà) sapeva che, nel periodo di Ognissanti, le fave dei morti si preparavano anche in altre parti d’Italia.
Le fave dei morti, ricetta originale
Delle fave dei morti parla anche Pellegrino Artusi nel suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (1891). Ecco come:
Queste pastine sogliono farsi per la commemorazione dei morti e tengono luogo della fava baggiana, ossia d’orto, che si usa in questa occasione cotta nell’acqua coll’osso di prosciutto. Tale usanza deve avere la sua radice nell’antichità più remota poiché la fava si offeriva alle Parche, a Plutone e a Proserpina ed era celebre per le cerimonie superstiziose nelle quali si usava. Gli antichi Egizi si astenevano dal mangiarne, non la seminavano, né la toccavano colle mani, e i loro sacerdoti non osavano fissar lo sguardo sopra questo legume stimandolo cosa immonda. Le fave, e soprattutto quelle nere, erano considerate come una funebre offerta, poiché credevasi che in esse si rinchiudessero le anime dei morti, e che fossero somiglianti alle porte dell’inferno. Nelle feste Lemurali si sputavano fave nere e si percuoteva nel tempo stesso un vaso di rame per cacciar via dalle case le ombre degli antenati, i Lemuri e gli Dei dell’inferno. Festo pretende che sui fiori di questo legume siavi un segno lugubre e l’uso di offrire le fave ai morti fu una delle ragioni, a quanto si dice, per cui Pitagora ordinò a’ suoi discepoli di astenersene; un’altra ragione era per proibir loro di immischiarsi in affari di governo, facendosi con le fave lo scrutinio nelle elezioni. Varie sono le maniere di fare le fave dolci; v’indicherò le seguenti: le due prime ricette sono da famiglia, la terza è più fine.
Prima ricetta
Farina, grammi 200. Zucchero, grammi 100. Mandorle dolci, grammi 100. Burro, grammi 30. Uova, n. 1. Odore di scorza di limone, oppure di cannella, o d’acqua di fior d’arancio.
Seconda ricetta
Mandorle dolci, grammi 200. Farina, grammi 100. Zucchero, grammi 100. Burro, grammi 30. Uova, n. 1. Odore, come sopra.
Terza ricetta
Mandorle dolci, grammi 200. Zucchero a velo, grammi 200. Chiare d’uovo, n. 2. Odore di scorza di limone o d’altro.
Per le due prime sbucciate le mandorle e pestatele collo zucchero alla grossezza di mezzo chicco di riso. Mettetele in mezzo alla farina insieme cogli altri ingredienti e formatene una pasta alquanto morbida con quel tanto di rosolio o d’acquavite che occorre. Poi riducetela a piccole pastine, in forma di una grossa fava, che risulteranno in numero di 60 o 70 per ogni ricetta. Disponetele in una teglia di rame unta prima col lardo o col burro e spolverizzata di farina; doratele coll’uovo. Cuocetele al forno o al forno da campagna, osservando che, essendo piccole, cuociono presto.
Per la terza seccate le mandorle al sole o al fuoco e pestatele fini nel mortaio con le chiare d’uovo versate a poco per volta. Aggiungete per ultimo lo zucchero e mescolando con una mano impastatele. Dopo versate la pasta sulla spianatoia sopra a un velo sottilissimo di farina per poggiarla a guisa di un bastone rotondo, che dividerete in 40 parti o più per dar loro la forma di fave che cuocerete come le antecedenti.

Come fare le fave dei morti colorate
Le Fave dei Morti possono essere anche colorate! Per essere di tre colori (marrone, pesca e panna) bisogna aggiungere qualche ingrediente, e la preparazione diventa un pochino più articolata. Ma giusto un po’…
Ingredienti
- 200 g di mandorle spellate
- 150 g di zucchero semolato
- 100 g di farina 00
- 2 albumi
- 30 gr di burro
- 7 g ammoniaca per dolci
- 20 ml liquore Alchermes
- 20 g cacao amaro
- 20 ml liquore all’anice
Preparazione
- Accendete il forno a 180°C e tostate le mandorle. Quando si saranno raffreddate polverizzatele insieme allo zucchero.
- Poi aggiungete la farina, l’ammoniaca, gli albumi e il burro fuso.
- A questo punto dividete l’impasto in tre parti. A una parte aggiungete l’alchermes, a una parte il cacao amaro e alla parte restante l’anice.
- Spostatevi ora sulla spianatoia e partite da uno dei tre impasti. Aiutandovi con un po’ di farina fate un lungo cilindro e ricavate dei cubetti di 3 cm di lunghezza (tipo gli gnocchi di patate, per capirci). Lavorate ogni cubetto a pallina e incidetela con una lametta o un coltello affilato.
- Disponete le fave dolci su una placca da forno rivestita di carta. Cuocere per 12 – 15 minuti. Procedete così anche per gli altri due impasti. Se gli impasti a cui avete aggiunto l’alchermes o l’anice dovessero risultare troppo morbidi, lavorateli sulla spianatoia con un po’ di farina.