… e la trippa alla romana?

Il calendario alimentare di Nonna Idima aveva qualcosa in comune col calendario gregoriano: la granitica prevedibilità. Giovedì gnocchi, venerdì pesce, sabato trippa per lei non erano semplici modi di dire, ma vere e proprie prescrizioni gastronomiche, alle quali si atteneva scrupolosamente. A onor del vero, mio nonno Tiziano, il marito di Idima, spesso sparigliava le carte in tavola, mostrando una preferenza… a volte per la trippa alla fiorentina e altre per la trippa alla romana!

Da parte mia, per un sacco di tempo ho SCHIFATO la trippa di nonna, non tanto per il gusto ma più che altro per l’odore forte e pungente che sprigiona in fase di cottura. Ultimamente ho recuperato alla grande e due volte al mese cucino la cucino nella versione romana, che è quella che preferisco.

E voi, avete mai assaggiato la trippa? Oppure, come tanti altri, non sopportate nemmeno l’idea di mangiare interiora, lingua, coda, teste e zampette? Se non l’avete mai provata è un vero peccato, perché la trippa è un secondo piatto ottimo. Inoltre ha un prezzo al dettaglio decisamente contenuto ed  è facilissima da preparare, anche se i tempi di cottura sono lunghi.
I salutisti saranno felici di sapere che è un taglio di carne magra (100 calorie per etto, più o meno, come un taglio di polpa di vitello) e chi è attento alla sostenibilità ambientale sa che consumare trippa e altre parti del ‘quinto quarto’ significa non scartare pressoché nulla dell’animale macellato. La trippa è, infatti, ricavata da parti dello stomaco dei ruminanti. I più utilizzati nella preparazione di questo piatto sono il reticolo – con le cellette modello alveare – e l’omaso – con le sue cento lamelle. Con l’abomaso, invece, l’ultimo dei quattro stomaci, scuro e ricciuto, a Firenze fanno il lampredotto.
Se vi ho convinti a prepararla, evitate di acquistare quella sbiancata e precotta in vendita nella grande distribuzione e affidatevi al macellaio di fiducia che senz’altro ve la sgrasserà e ve l’affetterà sottile sottile!
Vi lascio la ricetta della trippa alla romana, con menta e pecorino romano. Vi avviso: in rete ne troverete mille versioni; io vi propongo quella che faceva nonna.
Ingredienti per 4 persone
  • 1 kg di trippa di vitello, precotta e tagliata a listarelle
  • 70 ml di olio EVO
  • 1 cipolla, 1 costa di sedano, 2 carote tritate grossolanamente
  • 1 spicchio d’aglio in camicia
  • 3 chiodi di garofano
  • mezzo bicchiere di vino bianco secco
  • qualche foglia di menta tritata
  • 8 cucchiai di doppio concentrato di pomodoro o 400 g di pelati
  • 1 bicchiere di acqua calda, se serve
  • 150 g di pecorino romano grattugiato
  • sale e pepe q.b.
Procedimento

In un tegame scaldate l’olio e aggiungete lo spicchio d’aglio e il battuto di sedano, carote e cipolla. Appena il soffritto inizia a sfrigolare unite la trippa. Insaporitela con il sale, il pepe, i chiodi di garofano, la menta e metà del pecorino romano. Fate cuocere a fiamma bassa per circa 20 minuti. La trippa dovrà insaporire e butterà fuori la sua acqua. Sfumate con il vino e lasciate evaporare l’alcol. Ora unite il doppio concentrato di pomodoro (o i pelati), mescolate, fate cuocere per dieci minuti con il coperchio, versate un bicchiere d’acqua calda, coprite e lasciate cuocere per un’ora o più a seconda che la carne vi piaccia un po’ consistente oppure più morbida. Il sugo dovrà essere ben ristretto. Impiattate la trippa ben calda con una leggera spolverata di pecorino e una foglia di menta.

Per la cronaca, della trippa esistono anche una versione ‘milanese’ e una ‘parmigiana’ o in bianco, che però a me piacciono meno.