Visitare la basilica di San Martino Maggiore a Bologna

La chiesa di San Martino Maggiore è una delle chiese più antiche di Bologna e sorge all’incrocio tra via Oberdan e via Marsala. Elevata al grado di Basilica dal 1941, si erge nell’omonima piazza del centro storico di Bologna.

San Martino Maggiore fu una delle principali chiese mendicanti della Bologna di età gotica. E’ anche conosciuta come San Martino dei Carmelitani.

Storia della chiesa di San Martino Maggiore

Particolare della Sala Bologna, Appartamenti privati del Papa, Città del Vaticano, 1575

Di questa antichissima chiesa si hanno notizie frammentarie già nel XII secolo. Un atto del libro dei Memoriali ricorda“casamentum unum ad Sanctum Martinum de Aposa” già nel 1121.

Anticamente era detta San Martino dell’Aposa e prendeva il suo nome dal torrente Aposa che scorreva proprio di fronte alla chiesa. La facciata era preceduta da un portico in legno sopra il torrente. L’edificio era raggiungibile attraversando un ponte di legno, eliminato alla fine del Quattrocento quando l’Aposa fu tombato.

Nel 1217 la chiesa fu riedificata su quanto restava della costruzione precedente.

Nel 1293 il vescovo di Bologna Ottaviano Ubaldini la concesse ai frati dell’ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo. I Carmelitani che ebbero San Martino erano conventuali e detti del Capel Nero.

I Carmelitani sono un ordine mendicante, nato alla fine del XII secolo in Palestina, sulle pendici del Monte Carmelo, presso la fonte del profeta Elia. Particolarmente devoti alla Madonna, associarono al culto per il santo vescovo di Tours anche quello della Vergine. 

Nel 1362 la fama di cui già godeva il complesso sacro aumentò ulteriormente per l’istituzione di uno Studio Teologico, che fu incorporato nello Studio bolognese quando venne istituita la Facoltà Teologica. Alla metà del Trecento San Martino era considerata uno dei centri più importanti dello studio religioso universitario.

In ragione del loro prestigio i Carmelitani si poterono permettere lavori di ampliamento e di rifacimento che si protrassero fino al Cinquecento. Le ricostruzioni portarono la chiesa ad avere il complessivo aspetto gotico che ancora oggi mostra. Il convento fu ingrandito ed arricchito da cinque chiostri e occupò una vasta area compresa tra le vie Oberdan, Marsala, Mentana e delle Moline. Questi interventi comportarono un riassetto urbanistico e la scomparsa del labirinto di strade e vicoli che caratterizzavano la zona circostante.

Nel 1473 i Carmelitani della Congregazione di Mantova detti del Capel Bianco subentrarono in luogo di quelli detti del Capel Nero.

Tra il 1491 e il 1496 furono aggiunte le prime due cappelle a destra e a sinistra dell’entrata, rispettivamente delle famiglie Boncompagni e Paltroni, coprendo il corso del torrente Aposa che vi scorre ancora sottoterra. 

A partire dai primi anni del Cinquecento, la chiesa di San Martino fu interessata da una serie di interventi che le hanno conferito l’aspetto attuale. Nel 1504  furono demolite alcune case per realizzare il sagrato antistante.

Il 16 novembre 1704 i Carmelitani ottennero il permesso di erigere una colonna con la statua della Beata Vergine del Carmine. Per opera di Andrea Ferreri, “fu innalzata la colonna di macigno di piedi 30 con statua di piedi 7”. La Madonna del Carmelo viene salutata con l’invocazione “Salve Regina” e queste iniziali sono stagliate nello scapolare che tiene nella mano destra. 

Nel Settecento venne rifatta la cella campanaria dell’antico campanile.

Nel 1879 fu rifatta la facciata in stile neo-romanico su progetto di Giuseppe Modonesi (1821-1891). La facciata è decorata con figure degli arcangeli Gabriele e Michele e dei quattro evangelisti. Nella lunetta San Martino e, nel medaglione, al vertice del timpano, è rappresentato il Mistico Agnello dell’Apocalisse, in marmo di Carrara. Nella lunetta del portale laterale, su via Marsala, resta l’altorilievo in cotto dorato su fondo azzurro con S. Martino che cede il mantello al povero, attribuito a Francesco Manzini (1531).

A sinistra della chiesa si articola il chiostro cinquecentesco a due ordini, unico superstite dei cinque originari, costruito da Giovanni da Brensa e detto Chiostro dei Morti, perché fino all’introduzione delle leggi napoleoniche vi venivano sepolti religiosi e laici. Ancora vi si conservano lapidi e monumenti sepolcrali di epoche diverse insieme a frammenti decorativi in cotto appartenenti all’antica chiesa. 

Con la soppressione degli ordini religiosi imposta dalle leggi napoleoniche, la chiesa passò al clero secolare. Nel 1937 venne restituita ai padri Carmelitani, che la reggono ancor oggi.

Descrizione della chiesa di San Martino Maggiore a Bologna

L’interno conserva sostanzialmente intatte le forme gotiche. La chiesa è a tre navate e tre absidi quadrate. La sorreggono pilastri cruciformi che, prolungandosi, sviluppano le nervature della volta. Lungo le navate minori si susseguono cinque cappelle per parte.

L’influenza politica e culturale dei Carmelitani fece sì che la chiesa fu decorata dagli artisti più qualificati e all’avanguardia che Bologna potesse vantare. San Martino Maggiore custodisce un ricchissimo numero di opere d’arte, che ne fanno quasi una pinacoteca.

La chiesa conserva alcune testimonianze della decorazione pittorica trecentesca, benché siano tracce sparse e isolate.

In fondo alla navata settentrionale, tra la porta d’ingresso alla sagrestia e quella d’accesso al chiostro dei Morti ci sono alcuni frammenti di un dipinto murale eseguito nel secondo quarto del Trecento da Vitale da Bologna, il più importante pittore bolognese del Trecento documentato dal 1330 al 1359.

Si tratta della rappresentazione dell’episodio di Lazzaro e il ricco Epulone, di cui sono visibili a destra Abramo che reca in braccio alcune anime di beati al di sopra di una visione infernale e, a sinistra, una scena di banchetto. La decorazione prosegue nella parte superiore con una figura frammentaria panneggiata, di cui sono visibili solo le gambe, e in basso con i dodici apostoli seduti, individuati da alcune scritte.

La posizione (accanto al Chiostro dei Morti) fa supporre che si tratti di un affresco che ricordava agli eredi dei defunti di essere generosi, anche e soprattutto coi frati mendicanti carmelitani!

Opera tarda di Vitale è anche un frammento di pittura murale con il Cristo crocifisso, staccato e collocato sul quinto pilone destro tra la quinta e la sesta campata.

Trecentesca è la colonna dipinta dallo Pseudo Dalmasio (pittore bolognese documentato tra il 1342 e il 1373) incassata nel terzo pilone destro tra la terza e la quarta campata.

La colonna mostra sant’Onofrio a figura intera in piedi su un paesaggio desertico roccioso, mentre viene incoronato da due angeli. Il santo eremita egiziano è riconoscibile dalla lunga barba, dai capelli che gli scendono sul petto e dalla cintura di foglie che ne cinge la vita.

Ai piedi della colonna sono i due leoni che scavarono la tomba di Onofrio al momento della morte, secondo il racconto agiografico. Al di sopra della figura del santo, compare un busto del profeta Elia che mostra un rotolo aperto indossando sulle spalle la caratteristica cappa bianca del Carmine.

Al di sotto, c’è un busto di sant’Antonio Abate, intento a leggere un libro. L’insieme iconografico della colonna richiama la tradizione eremitica orientale, di cui i Carmelitani si ritenevano eredi.

La colonna dipinta dello Pseudo Dalmasio: Sant’Onofrio
La colonna dipinta dello Pseudo Dalmasio: Sant’Antonio Abate

Infine di una nicchia dipinta con la Madonna dell’Umiltà da Simone di Filippo, detto “dei Crocifissi”, sulla parete sinistra della chiesa vicino alla porta d’ingresso al chiostro.

Si tratta di una Madonna che allatta, seduta su un cuscino appoggiato al suolo, e del Bambino in grembo le succhia il seno, volgendo lo sguardo verso lo spettatore, mentre cade un lembo del panno in cui è avvolto. Due angeli reggono il drappo alle spalle della Vergine. La fibbia sul petto della Vergine in guisa di sole raggiato, la mezzaluna ai suoi piedi e le dodici stelle al di sopra del capo sono attributi della Donna dell’Apocalisse.

Le cappelle rinascimentali custodiscono dipinti di Francesco Francia, Amico Aspertini, Paolo Uccello, Lodovico Carracci, Lorenzo Costa, Girolamo da Carpi, Alessandro Tiarini e Girolamo da Sermoneta che eseguì la pala dell’altare maggiore con la Madonna in trono e Santi (1548).

Sulla destra del presbiterio si erge l’organo cinquecentesco.

La lezione di San Pier Tommaso

Sopra la sacrestia, al primo piano, c’è l’ex biblioteca del convento, diventata nel corso del tempo sala cinematografica parrocchiale e poi teatro. Ha un soffitto a cassettoni della fine dell’Ottocento, ma soprattutto è decorata con il grande affresco risalente al 1629 della Lezione di San Pier Tommaso.

Precedentemente conosciuto come “La Disputa di San Cirillo”, è stato recentemente rinominato “di San Pier Tommaso”, religioso carmelitano, che fu tra i fondatori dello Studio teologico della città nel 1364.

L’opera è attribuita a Lucio Massari (1569-1633), allievo dell’accademia dei Carracci, che ne dipinse le 60 figure, e a Girolamo Curti (1575-1632) detto il Dentone, quadraturista, allievo di Spada e di Baglione, che ne curò le architetture dipinte.

Creduto prima perduto, poi abbandonato all’incuria del tempo fra piogge dal tetto, muffe e funghi che ne avevano compromesso il colore e la lettura, l’affresco è stato recentemente restaurato da Camillo Tarozzi. Con i suoi 104 mq di superficie è l’affresco più esteso di Bologna!

Come arrivare alla chiesa di San Martino Maggiore Bologna

La chiesa si trova in via Oberdan 25, a Bologna.

Informazioni turistiche

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