In pochissimi sanno che a Bologna si può vedere un esemplare completo di Diplodoco. Lungo 26 metri e alto 4, il Diplodocus Carnegie – ribattezzato Dippy – è il pezzo forte del “Museo Geologico Giovanni Capellini” dell’Università degli Studi di Bologna.
Non si tratta di un fossile originale, ma di una riproduzione da esposizione che fu donata all’Ateneo nel lontano 1909 da Sua Maestà Vittorio Emanuele III re d’Italia, che a sua volta lo aveva ricevuto in dono dall’americano Andrew Carnegie, grande magnate dell’acciaio.
La storia è un po’ ingarbugliata ma affascinante e inizia col ritrovamento da parte di Andrew Carnegie dello scheletro completo di un diplodoco nei terreni di sua proprietà. Dello scheletro vengono fatte alcune riproduzioni che vengono donate ad altrettante città in giro per il mondo. A che scopo? Semplice: il Diplodoco doveva essere un gigantesco gadget dell’America, da collocare nei principali musei paleontologici del mondo.
Sottesa all’operazione di dono di copie dei fossili c’era la volontà di “certificare” l’antichità degli Stati Uniti, che poteva vantare quarti di nobiltà addirittura preistorici!
Un’impresa visionaria di politica estera, se vogliamo, promossa da un privato cittadino a favore della propria nazione.

Ma che cos’è un Diplodoco?
E’ un dinosauro erbivoro del Giurassico, incarnazione di una forza possente ma tranquilla e mansueta. Forse non è così famoso come il Tirannosauro del film Jurassic Park di Steven Spielberg, ma è certamente conosciuto. Guardate la foto e sono sicura che lo riconoscerete!
Coi suoi 26 metri di lunghezza il diplodoco è il più lungo dinosauro ritrovato fin ora. Il suo nome diplo-doco significa “doppia trave” e si riferisce alle sue enormi zampe, simili a un ponte, su cui scaricava il peso di circa 20 tonnellate.
La lunga coda non serviva come arma di difesa, come un tempo si pensava, ma serviva a bilanciare il lungo collo e in buona sostanza a permettere al diplodoco di tenersi in equilibrio.

Chi era Giovanni Capellini
Dippy arrivò a Bologna grazie alle relazioni internazionali di Giovanni Capellini (La Spezia 1833 – Bologna 1922), che fu geologo e paleontologo, poi Rettore dell’Alma Mater Studiorum, Presidente del Comitato Geologico Italiano e infine Senatore del Regno d’Italia.
Nel 1861, l’allora ministro della Pubblica Istruzione, Terenzio Mamiani, lo mandò a Bologna a ricoprire la cattedra di Geologia e a dirigerne l’Istituto, che grazie a lui ebbe un risalto internazionale.
Nel 1863 Capellini comprese la straordinaria opportunità di ricerca offerta dai grandi giacimenti paleontologici al di là dell’Atlantico e iniziò le esplorazioni che lo condussero in giro per il Nord America. Qui intesse una fitta rete di relazioni, particolarmente con i sostenitori della teoria dell’evoluzionismo di Darwin.

Dal 1871 in poi Capellini raccolse un successo dietro l’altro.
In quell’anno riunì a Bologna il V Congresso internazionale di archeologia e antropologia. Dal 1874 al 1876 fu Rettore dell’Università. Nel 1881 ospitò a Bologna il Congresso geologico internazionale, il congresso, cioè, della comunità transnazionale dei geologi. Per lo scienziato fu un vero trionfo, sancito dall’inaugurazione del Museo geologico che ancora oggi porta il suo nome. Sempre nel 1881, fondò e diresse, affiancato da Quintino Sella e da Felice Giordano, la Società geologica italiana.
Nel 1885 fu riconfermato Rettore e insieme all’amico Giosue Carducci fondò il Comitato per le celebrazioni dell’VIII Centenario dell’Alma Mater Studiorum per il grande rilancio dell’Ateneo.
Dal 1889 al 1912, ormai anziano professore, rivestì la carica di presidente del Comitato geologico italiano.
Durante questo lungo periodo direzionale riuscì ad arrivare in Senato nella XVII legislatura (1890) e ad essere nuovamente eletto Rettore (1894-95).

Nel 1907 lasciò uno dei suoi più importanti contributi all’Ateneo bolognese: la ricostituzione del Museo Aldrovandi, primo passo della grande musealizzazione del patrimonio scientifico che all’inizio XIX secolo l’Istituto delle Scienze trasferì all’Università e che, dopo smembramenti e diaspore, è oggi in parte riunito a Palazzo Poggi.
L’Università di Bologna ha organizzanto una serie di iniziative per celebrare i 200 anni della nascita di questo grande geologo e paleontologo.
Dal 15 ottobre 2022 al 31 agosto 2023 è possibile visitare la mostra la mostra MENTE ET MALLEO. Da Ulisse Aldrovandi a Giovanni Capellini: storie dal primo museo geologico per riscoprire le curiosità che avevano catturato l’interesse del padre delle scienze naturali moderne e i fossili che hanno appassionato il grande geologo.
Che dite, partiamo con la visita? Salite con me il grande scalone, seguiamo le orme di Dippy!

A proposito, sapete cosa significa “Mente et Malleo“?
Le due parole costituiscono il motto coniato da Giovanni Capellini in occasione del secondo Congresso Geologico Internazionale di Bologna, divenuto il motto universale dei geologi.
“Con la testa e con il martello” riassume il lavoro dei paleontologi e dei geologi, indicando la fase ed il percorso di studio cui segue la ricerca e la verifica sul campo negli studi dei reperti fossili di organismi vegetali e animali e delle origini della storia e della morfologia e costituzione della terra.
La storia del museo geologico e paleontologico “Giovanni Capellini”

Il Museo Geologico e Paleontologico è nato nel 1860 grazie all’opera di Giovanni Capellini. La struttura aprì però ufficialmente i battenti nel 1881 in occasione del secondo Congresso Geologico Internazionale a cui presero parte studiosi e professori di diversi paesi.
Molti di loro contribuirono ad arricchire la raccolta del museo, portando in dono importanti reperti provenienti da ogni parte del mondo. La donazione ampliò e arricchì il nucleo originario, formato da parte della collezione di Ulisse Aldrovandi e risalente al XVI secolo, di Ferdinando Cospi e dell’Istituto delle Scienze fondato dal conte bolognese Luigi Ferdinando Marsili.
Attualmente la raccolta testimonia più di 500 anni di attività didattica e ricerca scientifica, con un patrimonio di quasi un 500.000 pezzi tra cui rocce, piante, invertebrati e vertebrati fossili.
L’allestimento conserva l’impostazione ottocentesca con gli arredi d’epoca ed alcune preziose vetrine. Le sezioni del museo sono 4:
- Le antiche collezioni,
- le piante fossili,
- i vertebrati fossili,
- le collezioni di rocce e invertebrati fossili.
Nelle sale si possono ammirare
- la ricca collezione di pesci eocenici di Monte Bolca,
- balene plioceniche
- gli scheletri spettacolari del Mastodonte proboscidato pliocenico,
- e, ovviamente, lo scheletro completo Dippy e di un dinosauro carnivoro.
Tra i reperti esposti nella prima sala che mi hanno colpito di più c’è la Septaria, che non è un fossile, ma il prodotto di processi inorganici. E’ una roccia formata dalla concrezione di argille o calcari argillosi, caratterizzata da vistose “spaccature” da cui prende il nome. Tali spaccature sono prodotte dall’acqua contenuta nell’argilla.
Man mano che l’argilla perde acqua, la struttura si contrae progressivamente fino a “spaccarsi”, formando i caratteristici setti e cavità. Le septarie sono molto frequenti nell’Appenino emiliano.

Un altro reperto che ha attirato la mia curiosità è l’Archaeopteryx litographica, che fa parte del gruppo di dinosauri da cui hanno avuto origine gli uccelli.
L’Archaeopteryx è stato, insomma, l’anello di congiunzione 𝗳𝗿𝗮 𝗶 𝗱𝗶𝗻𝗼𝘀𝗮𝘂𝗿𝗶 𝗻𝗼𝗻 𝗮𝘃𝗶𝗮𝗻𝗶 𝗲 𝗴𝗹𝗶 𝘂𝗰𝗰𝗲𝗹𝗹𝗶. Come i dinosauri, presenta infatti una lunga coda ossea, tre dita provviste di artigli e una bocca con gran numero di denti aguzzi. Allo stesso tempo condivide con gli uccelli un piccolo osso risultante dalla fusione delle clavicole e un corpo coperto di penne e piume.
Il suo nome è formato da due parole greche: archaios “antico” e pteryx che significa “piuma” o “ala”.

Ho scattato alcune foto che vi danno l’idea di cosa vedrete percorrendo le 4 sale espositive del primo piano.
Al piano terra dell’edificio si trova il laboratorio di geologia e paleontologia dell’istituto, che è il luogo dove geologi e paleontologi inventariano e catalogano i materiali conservati.
L’accesso è riservato agli addetti ai lavori, ma la curatrice del museo mi ha permesso di scattare alcune fotografie.



Come visitare il museo di geologia Giovanni Capellini a Bologna
Ecco po’ di curiosità che ho scoperto durante la visita guidata:
- la raccolta testimonia più di 500 anni di attività didattica e ricerca scientifica
- con oltre 500.000 pezzi conservati, il Capellini è il più importante museo paleontologico italiano
- il reperto più antico risale a 750 milioni di anni fa
- il diplodoco era lungo fino a 25 metri e pesava fino a 40 tonnellate
- Come distinguere un dinosauro erbivoro da uno carnivoro? Semplice, dalla dentatura! Se il dinosauro ha i denti solo nella parte anteriore del muso, siete in presenza di un erbivoro come il Diplodoco. Se invece il reperto di dinosauro ha i denti fino alla fine della mascella, era sicuramente un carnivoro!
Con queste curiosità, spero di avervi definitivamente convinti a visitare il museo di Giovanni Capellini che con i suoi studi, il suo lavoro e la sua collezione, contribuì a fare di Bologna uno dei centri di eccellenza in Europa della ricerca scientifica geologica e paleontologica.
Se è così vi dico che tutte le informazioni per organizzare una visita si trovano sul sito dello SMA, il sistema museale dell’Ateneo di Bologna. Ecco il link https://sma.unibo.it/it/il-sistema-museale/collezione-di-geologia-giovanni-capellini
Per preparare la visita potete leggere la bellissima guida della collana Traveler del National Geographic Bologna, città universitaria, aggiornata al 2021.
Vi lascio con un’immagine mia e di Dippy, per farvi un’idea delle sue dimensioni mastodontiche!
