La genovese

Spesso succede che quelle che ritengo essere idee brillanti a conti fatti si rivelano delle minchiate. Chiedere allo chef Giuseppe Tarantino di coinvolgermi nella partita delle carni prima di finire lo stage è stata una di queste. Ci sono dei lati positivi, certamente. Al momento me ne viene in mente solo uno: assaggiare i piatti finiti.

Per il resto c’è da mettersi le mani nei capelli! Anzi, meglio di no, perché tra interiora da eviscerare, escrementi da spurgare, strati di grasso da incidere sono sempre fradicia fino ai gomiti. Dopo l’anatra e le lumache dei giorni scorsi, ieri sera è stato il turno del cinghiale.

Per la cena dello staff lo chef prepara la genovese, che è un sugo bianco a base di cipolle e carne.


– Chef, è buonissima! Ma l’ha imparata a Genova?
– Francè ma che dici? E’ di Napoli!
– Eh?

E così imparo che la Genovese è un primo tradizionale partenopeo, come la pasta mista coi fagioli cannellini e il sartù di riso. Ci può anche stare, dato che Napoli è un porto e i genovesi erano marinai. Quello che mi fa ridere è che a se vai a Genova e chiedi una genovese ti danno la tipica focaccia genovese, se vai a Milano e chiedi la milanese ti danno la tipica cotoletta alla milanese, se vieni a Bologna e chiedi la bolognese ti serviamo la tipica pasta all’uovo alla bolognese, se vai a Napoli e vuoi assaggiare un piatto tipico devi ordinare una Genovese! No, vabbé…

Dopo cena, torniamo in cucina e nella mia postazione trovo due gastronorm maxi-size di Genovese da sporzionare.

– Chef, prendo un cucchiaio e faccio le monoporzioni, le metto sottovuoto e le abbatto?
– Aspetta Francè, che lo chef mo’ ti mostra come devi fare. Infili le mani nelle teglie, frughi finché non trovi tre pezzetti di carne simili, li appallottoli un po’ e fai dei mucchietti uguali. Dopo metti i mucchietti di carne nelle buste. ALLA FINE prendi un cucchiaio e suddividi le cipolle nelle buste in parti uguali. Aspetta che ti tiro su le maniche!

E niente, passo l’ora successiva a frugare a due mani nella salsa di cipolle a caccia di pezzi di carne. Per farmela passare ripenso a “Il pranzo è servito” di Corrado, quando i concorrenti affrontavano la prova pratica pescando da uno scatolone a mani nude le peggiori schifezze. Allora ridevo a crepapelle. Allora…

Poi passa Mario, che stavolta ride lui, e mi dice

Frà, lo sai, vero, che avrai le mani puzzose di cipolla per tre giorni?

Grazie Mario per avermelo detto! Ma grazie a Dio ho il raffreddore, quindi peggio per chi mi starà a fianco!